Le 30 Migliori Serie del 2020: posizioni 20-11 4


Le 30 Migliori Serie del 2020: posizioni 20-11Dopo la prima parte delle nostre classifiche di fine anno, quella che va dalla posizione 30 alla 21, continuiamo con le serie che si sono aggiudicate dal 20esimo all’11esimo posto! Ricordiamo come ogni anno che sono state considerate moltissime serie per arrivare a questa classifica, quindi se uno show non è riuscito ad ottenere un posto in questa Top30 non vuol certo dire che non l’abbiamo apprezzata! Anzi, spesso tra una posizione e l’altra la differenza percentuale è davvero di pochi decimi. Ricordiamo anche come non ci siano distinzioni di genere: sono state considerate tutte le serie andate in onda dal 22 dicembre 2019 and 21 dicembre 2020. Ecco quindi la seconda parte della nostra classifica!

20. One Day at a Time (Pop TV)

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Nella nostra classifica delle migliori serie del 2020 non poteva mancare uno show simbolo di quest’anno, che è riuscito a raccontare la società in cui era immerso in modo incredibilmente nitido e preciso, come poche altre comedy sono state mai in grado di fare: One Day at a Time. I creatori e produttori Gloria Calderón Kellett e Mike Royce hanno parlato di problemi sociali e politici e hanno raccontato la vita di minoranze etniche e sessuali non solo per un pubblico che fa parte di quei gruppi, ma anche per coloro che li guardano interessati dall’esterno; per questo lo show, soprattutto nelle ultime sette puntate della stagione quattro conclusiva, è riuscito ad essere quasi pedagogico su due livelli diversi: ci ha regalato una bella lezione su come si dovrebbe parlare in TV di tanti temi etici e sociali e ci ha insegnato che sperimentare sui linguaggi e sulla messa in scena è anche una roba da sit-com. La cancellazione dello show – per una seconda volta – ci sorprende e fa capire chiaramente che in TV chi comanda siano ancora gli ascolti, ma siamo sicuri che questo show abbia lasciato il segno non solo nella produzione televisiva del 2020, ma soprattutto in una grande fetta di pubblico che, mai come in questo caso, si è sentita rappresentata nel modo giusto.

Davide Canti

19. The New Pope (Sky Atlantic/HBO/Canal+)

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Lo sfarzo dell’ambiente ecclesiastico si sposa perfettamente con l’estetica di Sorrentino, che in questa seconda prova televisiva riesce a trovare un maggiore equilibrio tra forma e sostanza. Nei momenti migliori dello show, la patina barocca, tipica del racconto del regista, diventa qualcosa di più di un semplice esercizio di stile, si fa contenitore di senso, specchio deformante di una deriva, non solo della struttura religiosa che ‘governa’ il mondo da oltre duemila anni, ma della stessa umanità.
The New Pope ci mostra un essere umano ingabbiato in una bellezza senza consistenza, in uno splendore che si disintegra nel vuoto delle anime che girano vorticosamente intorno a un racconto ben dosato tra simbolismo e rimandi alla contemporaneità. Due papi in lotta contro se stessi e il potere che incarnano, suore in rivolta contro leggi ataviche, uno stuolo di fedeli intrappolato in un’idolatria che cerca di trasformarsi in speranza, rimanendo però puro fanatismo.
Il discorso sulla fede, il mistico rapporto con un Dio presente e pressante, resta il perno dello show, ma tra ironia, grottesco e un pizzico di poesia il racconto si dilata e il concetto di fede assume spesso una simbologia più ampia, moltiplicando le domande senza fornire nessuna risposta.

Francesca Gennuso

18. The Last Dance (ESPN)

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L’arrivo anticipato di The Last Dance è stato accolto con grande entusiasmo da tutti gli amanti dello sport, in forte crisi di astinenza nei mesi di lockdown. Nel corso delle dieci puntate andate in onda, però, il fenomeno della serie ESPN è cresciuto esponenzialmente, attirando anche l’attenzione di chi con il basket non hai mai avuto molto a che fare, a riprova del fatto che a 22 anni di distanza dal suo secondo ritiro Michael Jordan rimane una delle più grandi icone dello sport e un vero e proprio fenomeno culturale. La miniserie di Jason Hehir è un esempio eccellente della grandezza a cui possono ambire i documentari sportivi, un prodotto di altissimo livello – l’equivalente narrativo dei Bulls di Phil Jackson – che non si limita a mettere gli eventi semplicemente in ordine cronologico, ma ci porta avanti e indietro nel tempo, ripercorrendo i quasi quindici anni di MJ nella città del vento tenendo al centro del racconto la stagione finale del 1997-1998. Il tutto senza avere paura di mostrare i lati oscuri di His Airness, dai problemi con il gioco d’azzardo fino all’estrema competitività che lo ha portato ad avere un rapporto complesso con i suoi compagni di squadra, che in più occasioni lo hanno elogiato a livello cestistico ma puntualizzando che dal punto di vista umano era l’esatto opposto. Come i Bulls di MJ, The Last Dance non si limita a essere il migliore nel suo ambito, ma è anche tra le migliori serie del 2020.

Ivan Pavlović

17. After Life (Netflix)

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Con la stagione d’esordio di After Life Ricky Gervais prendeva in esame la primissima fase del lutto, quella caratterizzata da una terrificante perdita di punti di riferimento, un interregno il cui unico vero obiettivo è sopravvivere per poter affrontare davvero il lutto. In questa seconda annata ci viene mostrato come la scelta di continuare a vivere nonostante il dolore sia una strada tutt’altro che monodirezionale: accanto agli sforzi del protagonista Tony per tornare ad essere la persona che era, come i video della moglie Lisa ci ricordano, troviamo infatti i punti più bassi della sua depressione, anche più dolorosi di quelli affrontati nel corso della prima stagione. Non c’è contraddizione in questo, ed è anzi il modo più realistico per affrontare il tema del lutto: sebbene ci venga sempre raccontato come un processo che lavora su diverse fasi, non bisognerebbe mai dimenticare che questo percorso non è affatto lineare, e che le famose “fasi del lutto” sono momenti da cui in realtà si entra e si esce, a cui si ritorna e che spesso convivono anche nel medesimo istante. Gervais questo lo sa bene, e lo racconta con una delicatezza e un’umanità difficili da trovare altrove. Se a questo aggiungiamo un’attenzione ancora più alta per i personaggi della comunità locale e per i redattori del Tambury Gazette, non possiamo che vedere in questa seconda stagione una scommessa vinta, che non ha deluso dopo una prima annata già ottima e che è riuscita ad aggiungere un tassello importante alla narrazione del lutto nella serialità televisiva.

Federica Barbera

16. The Good Place (NBC)

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Quello che ha stupito di The Good Place durante gli anni è stata la capacità di sapersi rinnovare anche quando sembrava impossibile migliorare e reinventare quanto già di incredibile era stato fatto. Michael Schur e i suoi autori hanno però saputo capire quando era giusto fermarsi nonostante il successo crescente della serie. Non stupisce dunque che The Good Place, seppure con un’annata meno brillante e coesa delle altre (anche per l’inserimento di alcuni nuovi personaggi di cui non si sentiva proprio l’esigenza), sia terminata con uno dei finali migliori di sempre,  capace di chiudere brillantemente il cerchio su tutti i personaggi e concludere con una grandissima sensibilità questo assurdo viaggio dantesco nei tanti mondi possibili dell’aldilà. Gli ultimi quattro episodi ripagano di un inizio un po’ troppo allungato e con qualche problema di ritmo, facendo tornare la serie a macinare folli idee creative una dopo l’altra, alternando dialoghi brillanti e battute fulminanti a riflessioni sulla vita e la morte degne di un bignami di filosofia.  Unica nel suo genere, la serie verrà ricordata come la comedy che ha fatto piangere più di qualsiasi altro drama in circolazione.

Diego Scerrati

15. L’Amica Geniale (Rai 1/HBO)

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Nella Top30 di quest’anno non poteva mancare la seconda, splendida stagione de L’Amica Geniale, basata su Storia del nuovo cognome di Elena Ferrante e diretta da Saverio Costanzo, con l’eccezione del quarto e del quinto episodio, diretti da Alice Rohrwacher. Questa seconda annata, che ha avuto l’arduo compito di rappresentare stralci di vita significativi e dolorosi per le giovani donne (che, per la prima volta, sono distanti fisicamente), è sorretta da una sceneggiatura e da una regia che hanno mostrato grande delicatezza e intelligenza nel mostrare sia le tremende dinamiche del matrimonio tossico e violento subito da Lila, sia la nuova vita di Lenù a Pisa, brillando particolarmente proprio nel mettere in scena ciò che, nonostante le vicende e i luoghi che dividono le due, resiste del loro legame. Un legame che viene rappresentato con rispetto e sottigliezza; che si fa vedere forse nei momenti più silenziosi delle puntate: negli sguardi, nei ricordi e in tutti quei piccoli ma significativi dettagli che hanno dimostrato il rispetto che la sceneggiatura stessa ha avuto per i propri personaggi (e per il materiale di origine di Elena Ferrante) nel mettere in scena uno dei periodi più delicati e difficili delle loro giovani vite e nel farlo in maniera tanto splendida, accurata ed emozionante. La perenne qualità dimostrata dalla serie di Saverio Costanzo non può che far apparire L’Amica Geniale in classifica anche quest’anno.

Denise Ursita

14. Lovecraft Country (HBO)

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Chi sono i veri mostri? Lovecraft Country, per certi versi, fa quello che aveva fatto Watchmen lo scorso anno: prendere un genere molto famoso come riferimento – nella serie di Lindelof il supereroistico, qui l’horror – e fonderlo con il racconto del razzismo in America, decostruendo e rimescolando gli elementi tipici dei racconti fantastici di H.P. Lovecraft che vanno a unirsi alla realtà degli Stati Uniti degli anni Sessanta. Nella serie di Misha Green – già autrice di Heroes, Sons of Anarchy e creatrice di Underground – però, a differenza di Watchmen, a stupire è il modo in cui la verticalità di ogni episodio assume un valore unico anche come segmento separato dall’insieme: Lovecraft Country si configura, infatti, come una collana di perle preziose, unite sì da un filo conduttore, ma capaci di stupire puntata dopo puntata. HBO fa una scommessa importante e ne esce vincitore: la prima stagione è un turbinio di emozioni, colpi di scena e storie incredibili, tra mostri, magia, viaggi nel tempo, universi paralleli e possessioni demoniache, il tutto condito da un cast di personaggi e interpreti eccezionali.

Davide Tuccella

13. Better Things (FX)

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Anche la quarta stagione dello show di Pamela Adlon si è guadagnata un posto prezioso in questa Top30. Better Things, infatti, continua a brillare e a innovarsi insieme alle sue protagoniste che, in questa annata, vediamo alle prese con dei cambiamenti significativi che hanno permesso alla serie di affrontare con successo numerose tematiche appartenenti al mondo femminile e al rapporto fra madre e figlie come soltanto Pamela Adlon riesce a fare.
E questo perché Better Things, come sempre, riesce ad affrontare argomenti delicati e talvolta drammatici con un’intelligenza sottile e con una leggerezza che riescono sempre a colpire nel segno, utilizzando le spassose ed assurde dinamiche relazionali presenti nella famiglia Fox per raccontare sprazzi di vita cruciali condivisi dalla maggior parte di noi, ma che raramente vengono rappresentati con l’autenticità e con la sincerità presenti in questa serie. Nell’affrontare i cambiamenti e le differenze generazionali fra le diverse protagoniste dello show, Better Things mette in scena un’altra splendida stagione che riesce a giostrarsi magistralmente fra momenti più spassosi e momenti più riflessivi e poetici, senza perdere mai le qualità e le caratteristiche che, in questi anni, ci hanno fatto affezionare alla famiglia Fox. Immancabile, per questi e per tanti altri motivi, la presenza dello show in questa classifica.

Denise Ursita

12. Schitt’s Creek (CBC/Pop TV)

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Partita in sordina e ora terminata con la sesta stagione, Schitt’s Creek è stata una delle rivelazioni degli ultimi anni, una serie comica canadese esilarante e intelligente. Le avventure della famiglia Rose, ritrovatasi a vivere in un paesino rurale troppo piccolo per le loro abitudini, raggiungono la propria conclusione in un’annata ispirata, che riesce a equilibrare benissimo momenti comici divertenti e passaggi più seri ma necessari. La vera forza di questa serie sono i propri personaggi, a partire da ogni singolo membro della famiglia Rose che porta nella serie un tipo di comicità diversa ma perfettamente amalgamata; a loro si aggiunge un panorama di personaggi secondari perfetti nelle loro piccole manie. La serie, però, ha avuto la fermezza di affrontare temi inusuali in questo tipo di comedy, inserendo nelle proprie storyline argomenti come fluidità di genere e orientamento sessuale; ha con ironia ma grande scrittura parlato di sogni, desideri, e volontà di emanciparsi dalla propria posizione di partenza. I suoi personaggi sono cresciuti negli anni, imparando qualcosa di nuovo per sé e per gli altri. Ci mancheranno tantissimo le parrucche di Moira, le (in)certezze di Johnny, la skin care di David e le idiosincrasie di Alexis.

Mario Sassi

11. The Great (Hulu)

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Tra i migliori show del 2020 troviamo The Great, la dramedy in costume creata da Tony McNamara (già co-sceneggiatore di The Favourite) e ispirata alla vita di Caterina la Grande, Imperatrice di Russia dal 1762 al 1796. Come viene esplicitamente dichiarato fin dai titoli di testa, la serie è una trasposizione molto libera degli eventi storici – la tagline recita “an occasionally true story” –, che non esita a rimodellare la Storia per rendere più efficace il racconto. Il risultato è un prodotto in cui satira, black humor e strizzate d’occhio al presente si fondono mirabilmente all’interno di una cornice preziosa – scenografie e costumi sono un tripudio di opulenza settecentesca in toni pastello.
Quello messo in scena da The Great è quindi innanzitutto un racconto di formazione costruito sulla base di uno scontro di genere e di ideali, tra il tradizionalismo reazionario di Peter, ma più in generale della corte e della Chiesa – aggrappati con le unghie e con i denti al privilegio su cui si fonda il loro potere – e l’Illuminismo di Catherine, dietro a cui non è difficile riconoscere espliciti riferimenti alla nostra attualitàGrazie a una scrittura fresca e acuta, valorizzata da un production value degno di nota e da una coppia di protagonisti perfettamente in parte (Elle Fanning e Nicholas Hoult), The Great si è senza alcun dubbio meritata un posto nella nostra Top30.

Simona Maniello

A domani con la nostra Top 10!

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4 commenti su “Le 30 Migliori Serie del 2020: posizioni 20-11

  • Boba Fett

    Cosa troveremo nella Top 10? Butto là qualche previsione. Se non ricordo male Watchmen non fece in tempo ad entrare nella Top 2019, quindi potrebbe esserlo in questa. The Crown non credo possa mancare e in cuor mio, spero di vedere The Eddy fra le prime 10. Guadagnino lo lasciamo fuori? E Unorthodox? Se The Mandalorian non verrà inserita faremo sicuramente i conti con Il Jedi e mi aspetto di trovare anche The Tales From the Loop, magari in decima posizione, ma basta che ci sia. Hype! 😍