La serie di Amazon Carnival Row è ancora uno dei (pochi) show fantasy dell’ultimo periodo a non essere l’adattamento seriale di alcuna opera letteraria o cinematografica; il mondo diviso fra le nazioni di Burgues e The Pact e la convivenza difficile fra il popolo fatato e gli umani sono infatti una creazione originale dello showrunner Travis Beachman.
Le influenze di Carnival Row sono molto chiare sin dalla prima stagione – perlopiù letterarie, da Neil Gaiman a The Dresden Files – ma rielaborate con abbastanza personalità da catturare l’immaginazione del pubblico. Purtroppo, la prima stagione non ha reso giustizia all’ambientazione che aveva introdotto, a causa di una storia poco incisiva e a tratti banale.
La seconda annata aveva il compito di sfruttare molto più a fondo le potenzialità della serie, ma già durante la produzione sono sorti non pochi problemi. La pandemia e altri contrattempi, infatti, hanno ritardato le riprese per più di un anno facendo slittare l’uscita della seconda e ultima stagione sulla piattaforma solo il 17 febbraio di quest’anno, in un periodo in cui distinguersi non è più così facile data la presenza di show fantasy ben più attenzionati come The Rings of Power o House of the Dragon. Considerati inoltre i pochi episodi a disposizione per concludere la storia, è compito di “Fight or Flight” e “New Dawn”, i primi due episodi rilasciati, ravvivare le poche linee narrative lasciate aperte alla fine della precedente stagione.
La premiere inizia alternandosi fra i due protagonisti: l’ex-poliziotto Rycroft Philostrate e la fata Vignette Stonemoss (Orlando Bloom e Cara Delevigne); il primo prende parte alle lotte clandestine dei bassifondi per aiutare un amico in difficoltà, mentre la fata e i suoi compagni del Black Raven tentano una rapina a un treno merci militare che trasporta medicine in grado di salvare le fate della Row, le uniche colpite dal letale morbo della Bas Dubh. Nei palazzi del potere di Burgues invece si susseguono gli intrighi politici attorno un vuoto di potere creatosi dopo le vicende della prima stagione, mentre il facoltoso fauno Agreus e la rampolla Imogen concludono la loro fuga d’amore in un’atmosfera molto diversa dall’idillio sperato una volta varcati i confini.
Il pregio maggiore di Carnival Row è rimasto: le atmosfere rendono vivida la tragedia di un mondo magico che resiste sotto una patina di grigiore, nonostante il loro tempo sia agli sgoccioli. A dare ulteriore spessore al worldbuilding vi è finalmente l’arrivo sulle scene del Patto, The Pact, la nazione umana opposta a Burgues, un’aggiunta gradita e necessaria alla storia, sebbene non priva di problemi.
Purtroppo, soprattutto in “New Dawn” è chiaro come anche i difetti siano rimasti gli stessi. Pur tenendo insieme un unico filone narrativo che unisce le varie vicende, non si può far a meno di notare come la trama continui ad essere ben poco ispirata; se la prima stagione, infatti, aveva dalla sua il fascino della novità, questi primi due episodi non possono nascondersi dietro una bella ambientazione e non curare l’aspetto narrativo.
I personaggi sono interpretati molto bene (da Simon McBurney a Karla Crome, Misfits), ma è purtroppo la loro scrittura a mostrare le pecche di uno show che ancora zoppica da questo punto di vista. Philo e Vignette vantano una certa chimica di coppia trasmessa molto bene nelle scene più mondane di “Fight or Flight”, ma che passa subito in secondo piano nell’episodio successivo. Il personaggio di Orlando Bloom, poi, sembra strattonato in più direzioni da varie trame diverse che hanno tutte a che fare con la sua identità, ma si ha l’impressione che il suo arco narrativo salti troppo di palo in frasca mancando veri e propri attimi di introspezione sullo struggimento personale di Rycroft, mentre il coinvolgimento di Vignette nell’organizzazione di resistenti del Black Raven è meglio rappresentato, cementando la risolutezza nel combattere per la sua gente. Anche qui però emerge un altro difetto dello show e dei suoi personaggi secondari, di cui un esempio è Dahlia: la leader dei Corvi Neri non ha subito sviluppi rispetto alla prima stagione e i suoi comportamenti ne danno un ritratto quasi caricaturale nella sua esasperata invidia verso il carisma di Vignette. Questo problema è ancor più evidente nella trama politica che coinvolge il recalcitrante cancelliere Jonah Breakspeaker (Arty Froushan, House of the Dragon) e la machiavellica Sophie Longerbane (Caroline Ford, Once Upon a Time), a capo dell’opposizione al governo. Dove c’è bisogno di maggior sottigliezza, i dialoghi sono sin troppo superficiali, certe scene risultano convenienti fino alla forzatura e ne soffrono tutti i personaggi coinvolti. C’è da dire che niente stona davvero troppo in Carnival Row, ma la sua storia sembra procedere verso la quantità anziché la qualità.
I problemi che affliggono l’intreccio di Agreus e Imogen seguono questa falsa riga. Gli sconvolgimenti politici che cambiano radicalmente la società della nazione The Pact sono un calco di un importante pezzo di storia del primo novecento, ma che sia una ripresa accurata o meno di vicende storiche reali ha poca importanza quando nell’universo della serie hanno troppa gravità per essere satiriche e sono troppo macchiettistiche per essere prese sul serio. C’è da dire che le scene più forti risultano davvero ben fatte sia per Imogen che per Agreus e questa è un’altra pecca che Carnival Row non ha mai superato: scene davvero belle che rimangono isole in un racconto che non realizza mai a pieno le sue potenzialità, preferendo adagiarsi in stilemi narrativi visti e rivisti senza dare quel guizzo di personalità in più che un’ambientazione del genere potrebbe senza dubbio dare.
Le tematiche del razzismo e dell’intolleranza sono sempre al centro della narrazione, ma ci si aspetta una maggiore cura nel trattare questi argomenti con l’esacerbarsi delle tensioni fra fatati e umani. Philo è ancora lontano dall’essere un salvatore estraneo al popolo fatato, tuttavia l’accento è posto sin troppo sugli umani e il punto di vista di fae e faunus è affrontato di rado se non nelle violenze subite (alle volte anti-climatiche e gratuite) o in una rabbia ribelle che lo show tende a ritrarre negativamente. L’unico personaggio che davvero sembra promettere qualcosa di diverso è Tourmaline, le cui premesse sono di gran lunga più interessanti, perché pescano a piene mani nello spirito fantasy di Carnival Row, che lo show stesso alle volte dimentica.
Fra vecchi pregi e difetti, la nuova stagione dello show Amazon comincia né troppo bene, né troppo male, ma purtroppo è una piattezza a cui ci ha già abituato la precedente annata. Forse gli altri media targati Carnival Row come i fumetti hanno saputo meglio sfruttare questa ambientazione interessante e sfaccettata, di contro la serie principale rischia di essere ricordata come un bersaglio mancato, se i prossimi otto episodi non racconteranno una storia migliore.
Voto 2×01: 6
Voto 2×02: 6