The Crown – Stagione 6 Parte 2 3


The Crown - Stagione 6 Parte 2Con una sesta e ultima stagione divisa in due parti, una delle serie di punta di Netflix arriva a conclusione, portando a compimento un progetto dalla natura alquanto ambiziosa: era il 2016 quando uscì la prima annata di The Crown, nota sin da subito per essere la serie più costosa della piattaforma, già allora strutturata per narrare la vita di Elizabeth II fino quasi ai giorni nostri. L’idea di sei stagioni con un cast rinnovato ogni due annate si è rivelata fin da subito un’arma vincente, non solo per fini narrativi ma anche di marketing, grazie alle attese legate alle scelte degli interpreti. Sapevamo quindi più o meno tutto quello che c’era da sapere, incluse le maggiori difficoltà che sarebbero arrivate con l’avvicinarsi di eventi sempre più legati all’immaginario collettivo; tuttavia non potevamo certo prevedere, non da un autore come Peter Morgan, che questi ostacoli sarebbero diventati il tallone d’Achille di una serie fino a quel momento quasi impeccabile. 

Se già la quinta annata aveva avuto alcuni risvolti problematici, che avevano mostrato un evidente calo legato alla fine del matrimonio tra Charles e Diana, i primi quattro episodi di questa ultima stagione non hanno fatto altro che confermare questo andamento. Le vicende che hanno portato alla tragica morte di Lady Diana hanno prodotto il duplice effetto di decentrare il racconto – portando la regina a essere quasi una spettatrice degli eventi – e di distorcerlo, offrendoci una visione dei fatti vistosamente di parte, in cui la stessa Diana sembrava utilizzata solo in funzione degli altri e della tragedia che stava per essere mostrata.
Anche tenendo in conto che The Crown non è un documentario ma un’opera di finzione basata su eventi reali, è difficile ignorare l’elefante nella stanza, ossia l’evidente cambio di rotta nella rappresentazione dell’attuale monarca Charles III e della sua consorte Camilla: non è necessario arrivare a pensare a pressioni da parte della Casa Reale per dire che qualcosa, con ogni evidenza, è cambiato. Se all’inizio il lavoro di Peter Morgan sul giovane Carlo era stato molto equilibrato nel mostrare i suoi errori e anche le cause che potevano contestualizzare (senza giustificare) il suo comportamento, con le ultime stagioni e in particolare la sesta l’immagine di Charles ne è uscita sempre migliorata e ripulita – per non parlare di Camilla, la quale, da donna che con crudeltà affrontava la legittima consorte del suo amante nella quarta stagione, nell’ultima annata diventa un’inspiegabile voce della ragione per qualunque dubbio investa l’erede al trono.

The Crown - Stagione 6 Parte 2Sebbene ogni autore abbia diritto a costruire una narrazione finzionale come meglio crede, soprattutto per quanto concerne ciò che non conosciamo (come le reazioni private davanti a determinati eventi), è curioso come lo stesso Morgan abbia cambiato di molto il suo punto di vista su Charles nell’arco di una quindicina d’anni. È infatti del 2006 il film “The Queendi Stephen Frears, con soggetto e sceneggiatura di Peter Morgan, che analizzava proprio il periodo del fatale incidente di Diana Spencer e le sue conseguenze sulla famiglia e sulla Regina in particolare. L’allora principe Carlo venne rappresentato di certo come molto colpito dalla morte dell’ex moglie, ma allo stesso tempo anche piuttosto egoriferito, preoccupato per la sua stessa persona tanto da temere in più di un’occasione di essere assassinato; un personaggio insomma più tridimensionale e complesso rispetto al principe Carlo di queste ultime due stagioni, riabilitato in ogni sua scelta fino al totale appiattimento. Si tratta di una modifica davvero sostanziale, che stride in particolar modo con il percorso stesso di Charles all’interno della serie.

Questa tendenza a trovare capri espiatori da una parte e a ripulire immagini dall’altra è in buona misura presente anche negli ultimi episodi della sesta stagione di The Crown, che tuttavia riesce anche a tornare in alcuni momenti a una narrazione e a uno stile più in linea con le prime annate; la seconda parte sembra insomma incarnare entrambe le anime che hanno costituito la serie. I difetti sopra menzionati continuano, e anzi si allargano a comprendere in particolare William e Harry; allo stesso tempo, c’è finalmente modo di tornare dentro Buckingham Palace, dentro la storia della Corona e anche della Storia in senso più ampio. Questa seconda parte ne esce insomma come un ibrido, in cui in più di un’occasione si rivede finalmente qualche sprazzo della magnificenza delle prime annate, salvo poi ritornare a certe cadute di stile o a perdite di tempo che non giovano affatto alla narrazione: vediamo quindi in maniera più dettagliata cosa succede su questi due versanti.

William, Harry, Kate: la nuova generazione

The Crown - Stagione 6 Parte 2Al di là di un ingiustificato cambio di casting tra la prima e la seconda parte, che vede i giovani principi cresciuti fin troppo (in particolare quello che doveva essere un tredicenne Harry e che sembra più in fase tardoadolescenziale), quando la serie si focalizza sul racconto dei tre giovani è il momento in cui vengono commessi più passi falsi, anche se in alcuni casi mitigati dalla commistione con “la vecchia guardia” della Casa Reale. Appare chiaro sin da subito come il trattamento che la serie riserverà a William sarà molto diverso rispetto a quello nei confronti del fratello, e non solo a livello di storie narrate: partendo dal lutto per la madre, che sembra quasi non colpire Harry ma solo William, passando per le storyline messe in scena, tutto concorre a rappresentare il primogenito su un percorso di autoconsapevolezza del suo ruolo e di responsabilità nei confronti della Corona, ma senza che questo comporti grandi turbamenti interiori. Sembra insomma che quella sia la sua strada e che quindi sia del tutto normale per lui, ad esempio, accettare il matrimonio del padre con Camilla per il semplice fatto che risulta essere la soluzione pragmaticamente più efficace per tutti quanti. Al contrario, Harry ci viene mostrato quasi solo per le sue scelte discutibili, in costante conflitto prima col padre e poi col fratello, di rado al centro di momenti in cui la sua vulnerabilità venga presa in considerazione. Manca per entrambi la rappresentazione di una tridimensionalità che in altre stagioni abbiamo visto applicata anche a personaggi meno importanti; quando sembra accadere, in realtà viene tutto racchiuso in dialoghi poco credibili, in cui il messaggio, rivisitato in diverse salse, è la difficoltà legata a essere il numero uno o due di una linea di successione, come se i fratelli avessero poco altro su cui relazionarsi.

The Crown - Stagione 6 Parte 2È chiaro come, impostando così il loro rapporto, non possa che arrivare immediato il conflitto, che sembra più un presagio di quanto accadrà che un reale tentativo di rappresentare un legame non facile ma anche potenzialmente ricco di diversi spunti – come lo è stato quello tra Elizabeth e Margaret. Il primo episodio di questa seconda parte affronta subito la questione: “Willsmania” è sin dal titolo occupato a creare un parallelo tra William e sua madre (rispetto alla fama), realizzato solo per essere superato e accantonato il prima possibile. Il conflitto tra il giovane e suo padre, con lo sfondo di una Famiglia Reale intenta a ribadire in ogni momento che “non è colpa loro se Diana è morta”, viene inscenato in maniera quasi obbligata, per cucire addosso a William la manifestazione del lutto e al contempo il suo superamento grazie alla riappacificazione con Charles, con cui da qui in poi non avrà mai più nessun diverbio. Se non fosse per l’interessante parallelo portato avanti con Philip, che riflette sul suo ruolo di padre e che cerca di farsi perdonare facendo da ponte tra il nipote e il figlio, questo momentaneo ostacolo risulterebbe privo di qualunque attrattiva. È scritto esattamente per portare William da un punto a un altro (a differenza del fratello che in quasi ogni scena sembra messo lì solo per far risaltare lui), per toglierlo da un lutto che non poteva non essere affrontato – non per un pretendente al trono – e lanciarlo subito sulla parabola ascendente del suo futuro, incarnata da Catherine Middleton.

Su questo versante è impossibile ignorare come sia per William che per sua madre siano state scritte vite organizzate dal burattinaio di turno: come Al Fayed senior aveva mosso pedine di ogni tipo per avvicinare il figlio Dodi a Diana, così in questa narrazione la madre di Kate, Carole (un’ottima Eve Best), diventa una manipolatrice professionista, disposta a tutto pur di portare la figlia a conoscere il futuro Re d’Inghilterra. Davanti a queste rappresentazioni da villain quasi cartoonesche nei loro eccessi, forse ci si dovrebbe chiedere come ne escono le figure di Diana e William se le loro vite (e nel primo caso anche la morte) vengono mostrate su schermo come derivanti da decisioni altrui. Sarebbe stato un punto anche interessante, se analizzato: invece la necessità di creare dei personaggi ossessionati dalla Famiglia Reale ha preso il sopravvento, e a farne le spese sono stati tutti.

The Crown - Stagione 6 Parte 2Anche “Alma Mater” non brilla certo per scrittura, soprattutto per il tempo eccessivo dedicato all’inizio della storia d’amore tra il giovane e Kate, ma anche per la reiterata rappresentazione di un Harry “pecora nera” che non necessitava certo di ulteriori sottolineature. L’unico episodio che coinvolge William e che ne esce meglio è il penultimo, “Hope Street”, che non a caso – proprio come in “Willsmania” – vede un parallelo con la Famiglia Reale, in questo caso la Regina. E il parallelo funziona, proprio perché fa quello che dovrebbe fare: mettere in scena altre personalità della Casa Reale ma per analizzare gli effetti della Corona, e non per del mero gossip. Il trasferimento di William in una casa con la sua ragazza e degli amici viene infatti visto come uno degli ultimi momenti felici e indipendenti che il futuro erede al trono potrà avere, esattamente come per Elizabeth fu il periodo vissuto con Philip a Malta. Oltre ad avere il pregio di riportare in scena Claire Foy e Matt Smith, questo episodio riesce a ricordarci di cosa è stata capace The Crown: è infatti sempre più evidente in questi ultimi episodi la volontà di mettere in crisi la Regina, in un periodo della sua vita in cui perse sia la madre che la sorella. Qui, con la “scusa” di raccontarci la vita di William, si sta in realtà costruendo la strada che porterà all’ultima puntata, al pensiero dell’abidcazione e della propria morte, che – come vedremo – ci mostrerà forse uno dei momenti più umani di Elizabeth II. Questo genere di racconto è ciò a cui la serie ci aveva abituati, ed è proprio questo marchio di fabbrica che nelle ultime due stagioni si è visto sempre meno.

La vecchia generazione, la politica, la Corona

The Crown - Stagione 6 Parte 2Come si diceva più su, in questi ultimi episodi si ritorna a parlare molto di più della Corona, intesa proprio come la si era simbolicamente rappresentata all’inizio: un potere enorme in grado però di influenzare diverse vite per delle regole di fatto autoimposte, che vivono e continuano a vivere in nome della tradizione. Ma è anche una gabbia irrinunciabile, come sottolinea l’episodio “Ruritania”, in cui l’afflato della modernità sembra sfiorare tutto per qualche istante: come ben sappiamo, negli anni successivi ci sarebbero effettivamente state delle modifiche in una direzione molto simile a quella mostrata in questo episodio, ma è interessante notare come la presa d’atto della dannosità di certe vecchie istituzioni monarchiche non possa nulla davanti al peso della tradizione, ma soprattutto del terrore di perdere l’unico vero valore rimasto alla Famiglia Reale: il mistero, l’intoccabilità, in definitiva la favola. È frustrante vedere quanto un’istituzione così antiquata possa arrivare a comprendere le ragioni della propria scarsa popolarità e ciononostante decidere di continuare per la propria strada: eppure è forse uno degli aspetti più avvincenti da osservare, perché ci mostra le distorsioni che nascono da quel potere invisibile eppure così presente in tutti i membri della Casa Reale.
In questi ultimi episodi c’è anche il tempo di tornare a un po’ di politica, con la figura in ascesa e poi in crollo verticale di Tony Blair: sebbene sia stata sicuramente una boccata d’aria fresca tornare a questi temi, i risultati sono stati decisamente altalenanti. L’invasione dell’Iraq raccontata qua e là, perfino approfittando delle radio in sottofondo, sembra quasi un’infelice parentesi all’interno della storia inglese – quando invece fu una vera e propria catastrofe –, soprattutto se paragonata all’attenzione data nelle stagioni precedenti a eventi politici persino minori. Si sa che raccontare gli anni più vicini al presente non è facile, ma forse si sarebbe potuto fare a meno di qualche avventura universitaria di William per raccontare con un po’ più di approfondimento uno degli eventi più importanti del nuovo secolo.

The Crown - Stagione 6 Parte 2Arriviamo infine alle parti di queste ultime puntate che di certo si faranno ricordare e che non a caso riguardano la Regina, sia da sola che in relazione alla sorella Margaret. Quest’ultima, in particolare, è sempre stata rappresentata con episodi tra i migliori della serie, e “Ritz” non fa eccezione: Leslie Manville (e prima di lei Helena Bonham Carter e Vanessa Kirby) è perfetta nel rappresentare gli ultimi, difficili anni dell’originaria numero due, una donna che a causa della Corona ha perso molto più di quanto potesse immaginare. Torna il tema di ciò a cui la monarchia porta a rinunciare, e di nuovo lo fa attraverso il ricordo delle cose più belle, in questo caso la sera “più memorabile della mia vita”, come disse la Regina in un’intervista alla BBC nel 1985, senza scendere in dettagli. Si sa che le sorelle uscirono da palazzo per festeggiare la fine della Seconda Guerra Mondiale e si vociferava di una serata “anomala”, in particolare per la stessa Elizabeth, ormai consapevolmente sul sentiero che l’avrebbe portata sul trono. La magia di “Ritz” si trova proprio nell’abilità di mescolare tutte queste componenti, affidandosi alla storia vera e a quella presunta, al legame tra le sorelle di allora e a quelle a un passo dalla separazione, al sacrificio della propria identità in nome di qualcosa che viene ritenuto più grande e importante. La celebrazione della gioia data dalla fine della guerra e di quella folle notte si sovrappone al dolore della perdita che si avvicina, di una morte che arriva a ondate, quasi a portare via Margaret, una donna davvero larger than life, poco per volta, perché tutta insieme non sarebbe stato possibile. Elizabeth viene lasciata dunque sola, prima dall’amata sorella e poi dalla madre: non stupisce che questo inneschi a livello narrativo una messa in discussione dell’intero sistema, di quanto si è sacrificato in nome di quella promessa fatta da principessa nel ’47 e, in ultimo, della promessa stessa.

The Crown - Stagione 6 Parte 2Si conserva ancora memoria delle voci di corridoio che nei primi anni 2000 davano per quasi certa un’abdicazione della regnante, benché da Palazzo arrivasse sempre la stessa risposta, che a quella dichiarazione di tanti anni prima faceva riferimento. Ma le voci corrono a volte con un fondo di verità, ed è su questo che si basa l’ultimo episodio, supportato dalla costruzione precedente e spinto dall’estremo memento mori: l’organizzazione dell’operazione London Bridge, che abbiamo visto in atto lo scorso anno alla morte della Regina. L’inserimento di questo dettaglio diventa dunque metanarrativo, dato che la serie non poteva arrivare ai giorni nostri, ma sarebbe stato impossibile ignorare un tale evento: lo show dimostra qui di saper gestire le sue carte, in un modo esemplare rispetto a gran parte della stagione. “Sleep, Dearie Sleep”, series finale di The Crown, da un punto di vista fattuale racconta il matrimonio di Charles e Camilla, ma non è che un espediente narrativo per qualcos’altro: il momento in cui Elizabeth II è stata più vicina ad abdicare, proprio in nome del suo sacrificio, della vita passata perduta e di quella futura che non aveva più molti anni da contare. La scelta, che prevede una lotta interiore a due voci, viene incarnata dalle altre due Elizabeth: quella matura di Olivia Colman e quella giovane di Claire Foy. La decisione funziona a livello diegetico ed extradiegetico: se nel primo caso è più che plausibile avere vissuto così tanta vita da essere stata davvero tre persone diverse, nel secondo diventa un tributo straordinario alla serie, alle interpreti e in ultimo a Elizabeth stessa, che sceglierà con devozione di rimanere al suo posto fino alla fine dei suoi giorni. La sequenza finale, magistralmente interpretata da Imelda Staunton e ricca di simbolismi – tra cui l’uscita anticipata di Philip dalla Chiesa – riesce a unire realtà e finzione, a mescolare i tempi e a raccontarci della morte della Regina con 17 anni d’anticipo senza che questo risulti forzato, riportandoci ai tempi in cui questo modus narrandi era la norma e non l’eccezione.

The Crown - Stagione 6 Parte 2È come sempre molto difficile valutare prodotti che hanno occupato diverse stagioni e archi di anni, anche di più in questo caso in cui si è raccontata gran parte del ‘900 e con cast diversi; ancora più complesso è riuscire a darne un giudizio unitario quando l’asticella si alza molto sin da subito per poi traballare verso il finale. È indubbio che The Crown sia stata una serie che ha meritato il suo ampio successo e che ha visto alcune tra le interpretazioni più a fuoco degli ultimi anni; il lavoro a livello di scenografie e di costumi è sempre stato impeccabile, e anche la regia, con alcuni alti e bassi negli ultimi anni, ha portato avanti un lavoro tutto sommato coerente e quasi sempre di altissimo livello – un’impresa peraltro non facile.
È però impossibile non tenere conto dello sguardo sulla serie e sui personaggi, che per troppe puntate nelle ultime due stagioni si è spostato da occhio sulla famiglia a occhio interno alla famiglia, in particolare a quella di oggi. A farne le spese sono stati gli eventi narrati, la rappresentazione di persone che non ci sono più e la coerenza interna di alcuni personaggi, improvvisamente privati delle varie sfaccettature che rendevano questo prodotto credibile e godibile. Gli episodi ben riusciti spiccano di molto, generando quindi anche una certa rabbia – perché se certe cose si sanno ancora fare, allora quando si sceglie un’altra strada la volontà è indubbia. Un’opera monumentale come questa non viene cancellata da alcune brutte scelte finali, ma di sicuro non si possono tralasciare.
Quel che è certo, al netto di giudizi sulla monarchia come istituzione e sullo stesso Regno Unito, è che solo una serie incentrata su una regnante come questa poteva riuscire nel triplice scopo di raccontare la storia europea del XX secolo, la grandezza di una delle monarchie più antiche e popolari al mondo e al contempo la sua paradossale esistenza nel mondo attuale: solo Elizabeth II poteva tenere ancora in piedi quell’immaginario.

Voto Stagione: 7
Voto Serie: 8

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Informazioni su Federica Barbera

La sua passione per le serie tv inizia quando, non ancora compiuti i 7 anni, guarda Twin Peaks e comincia a porsi le prime domande esistenziali: riuscirò mai a non avere paura di Bob, a non sentire più i brividi quando vedo il nanetto, a disinnamorarmi di Dale Cooper? A distanza di vent’anni, le risposte sono ancora No, No e No. Inizia a scrivere di serie tv quando si ritrova a commentare puntate di Lost tra un capitolo e l’altro della tesi e capisce che ormai è troppo tardi per rinsavire quando il duo Lindelof-Cuse vince a mani basse contro la squadra capitanata da Giuseppe Verdi e Luchino Visconti. Ama le serie complicate, i lunghi silenzi e tutto ciò che è capace di tirarle un metaforico pugno in pancia, ma prova un’insana attrazione per le serie trash, senza le quali non riesce più a vivere. La chiamano “recensora seriale” perché sì, è un nome fighissimo e l’ha inventato lei, ma anche “la giustificatrice pazza”, perché gli articoli devono presentarsi sempre bene e guai a voi se allineate tutto su un lato - come questo form costringe a fare. Si dice che non abbia più una vita sociale, ma il suo migliore amico Dexter Morgan, il suo amante Don Draper e i suoi colleghi di lavoro Walter White e Jesse Pinkman smentiscono categoricamente queste affermazioni.


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3 commenti su “The Crown – Stagione 6 Parte 2

  • Boba Fett

    Nonostante non abbia mai nutrito interesse nelle vicende reali in generale e soprattutto in quella inglese, The Crown si è fatta amare sin dal suo primo episodio. Ancora una volta mi tocca citare la saggezza di Tyrion Lannister che sosteneva l’importanza del saper raccontare una storia e qui siamo di fronte ad un ottimo esempio: vera o meno che sia, quella di Elisazabeth II e del suo regno ce l’hanno saputa raccontare molto bene. Particolarmente riuscita l’idea di rappresentare la famiglia reale (ovviamente non tutta, penso ai figli minori della regina appena abbozzati in passato e spariti dai radar in questa stagione) come ad un maniero medievale, con possenti mura di cinta e fossati per proteggerli dal loro stesso regno e dal mondo intero; inutile dire che a chi si azzarda a metter fuori il naso da quel castello/prigione muore, anche fisicamente. Così mentre fuori scoppiano guerre e crisi economiche e nonostante gli echi giungano sin dentro, il microcosmo dei Windsor sembra cinicamente alieno, preoccupato solo di se stesso.
    E poi, grazie a The Crown, ora ho un’altra sognante ambizione, diventare un Guardiano di cigni…

     
    • Federica Barbera L'autore dell'articolo

      È davvero un mondo a parte, anche se sono abbastanza convinta che dalla morte di Elizabeth abbia perso molto della sua attrattiva… Vedremo come evolverà la storia della monarchia!

      (Di sicuro il lavoro di Guardiano dei Cigni sarebbe un punto notevole sul CV di chiunque! 😂)

       
  • Michele

    Ho sempre adorato questa serie ma concordo che specialmente nelle due ultime stagioni vi sia stato un calo dovuto soprattutto alla evidente “esigenza” di ammorbidire dei personaggi (vedi Carlo) che a portato di fatto solo ad un loro appiattimento. Ciò che ho trovato poi di pessimo gusto è il trattamento riservato ad Herry. Anche a me è sembrato che l’unico a soffrire per la morte di Diana fosse Wiliam e dubito fosse una svista degli sceneggiatori. Anche nel lutto Wiliam doveva comunque prevalere come non bastasse descrivere Herry semplicemente come scapestrata pecora nera della famiglia. Stendo ovviamente un velo pietoso sul trattamento riservato a Dodi Al-Fayed e Kate Middleton rispettivamente burattini nelle mani del padre e della madre. Per fortuna ci rimangono le meravigliose prime stagioni e qualche episodio sparso in questa II parte come quello su Margaret e l’ultimo per confermare la grandiosità generale di questa serie.