Eccoci finalmente alla Top 10 della nostra classifica! Dopo aver passato in rassegna i posti dal 30esimo al 21esimo e quelli dal 20esimo all’11esimo, si arriva quindi alle posizioni più ambite. Come ogni anno, è stato davvero difficile escludere da questa Top 10 serie che abbiamo amato moltissimo, e alcune non ci sono rientrate per davvero molto poco: le stesse serie che vedete qui sotto si distaccano a volte per una manciata di decimali, e questo la dice lunga sull’alto gradimento che tutte queste (e non solo) hanno avuto tra noi redattori.
Gli show che vedete, ad esempio, all’ottavo e al terzo posto sono davvero, alla resa dei conti, molto più vicini di quanto si possa pensare. Ogni anno cerchiamo di affinare sempre di più i nostri metodi, affinché abbia un valore sia la posizione “assoluta” di una serie nelle classifiche individuali, sia la “popolarità” della stessa all’interno della redazione, ma non solo: per raggiungere questo risultato, ha una sua importanza anche il peso specifico che assume ogni redattore in base al numero di serie viste (il trentesimo posto di chi ha visto 30 serie non può valere come il trentesimo posto di chi ne ha viste 60). Cerchiamo come ogni anno di offrirvi la classifica che più ci rappresenta e anche questa volta siamo, come Redazione, soddisfatti dei risultati raggiunti, soprattutto considerando che più si va avanti e più aumenta il numero di show in circolazione – cosa che rende impossibile per chiunque, anche per un gruppo come il nostro, vedere davvero tutto.
Tuttavia, partendo da una base di oltre 200 serie per arrivare a 30 e in particolare a quest’ultima decina, speriamo di offrirvi una Top 10 che possa piacervi!
Vi invitiamo a scriverci nei commenti le vostre 10 serie preferite del 2018, ma anche ad esprimervi direttamente votando ai Seriangolo Awards (ai quali potete accedere cliccando QUI).
In fondo alla classifica, come ogni anno, troverete le Top 10 individuali dei redattori.
10. American Vandal (Netflix)
Il 2018 non è stata un’annata particolarmente creativa per le nuove produzioni; è stata, invece, l’annata dei grandi ritorni. Tra questi entra nella Top 10 la seconda stagione di American Vandal, che con le disavventure di Dylan Maxwell aveva dato alla luce una geniale parodia del genere true crime. Con gli attentati del Turd Burglar, lo show creato da Tony Yacenda e Dan Perrault e prodotto da Netflix sacrifica la componente umoristica più becera e spiccia sull’altare di una maggiore organicità e acutezza d’analisi: questo ha permesso ai finti documentaristi di ragionare sui concetti di vittima e carnefice e su come essi non siano quasi mai declinabili in maniera univoca, dimostrando come tutta la narrazione sullo stereotipo sia un’attività imprecisa e posticcia, del tutto incapace di circoscrivere l’essere umano in maniera completa. Il risultato è sorprendente: la seconda stagione di American Vandal è uno dei racconti più centrati, sensibili e fedeli su che cosa significhi essere adolescenti – e persone – alle prese con la complessità delle relazioni sociali. Il tutto a partire da una serie di umilianti attentati fecali.
9. Kidding (Showtime)
Kidding è stata una delle novità più sorprendenti dell’anno. La serie creata da Dave Holstein, diretta in gran parte da Michel Gondry e interpretata da Jim Carrey si è rivelata infatti di episodio in episodio un piccolo patrimonio per la serialità, un prodotto capace di esplorare con precisione chirurgica e sincerità commovente la psicologia umana, i comportamenti sociali, i luoghi del sentimento e i misteri del dolore. Senza cadere in scivoloni patetici, cali qualitativi e scorciatoie emotive, la serie ha raccontato la storia del suo protagonista – un noto presentatore televisivo per bambini di nome Jeff Pickles piegato da una crisi esistenziale e dagli strascichi di una tragedia personale del passato – inquadrando la sua vita di ordine particolare per ragionare sull’universalità dei sentimenti e sulla complessità della realtà. Attraverso un linguaggio espressivo dotato di sfumature eterogenee, la serie ha sovrapposto con agilità e apparente semplicità i toni del dramma e della commedia, organizzando discorsi tematici estesi e complessi, interpretati da prove attoriali fenomenali e confezionati da una regia capace di cucire un racconto visivo a un tempo delicato e feroce, buffo e tragico, magico e realistico. Difficile trovare una serie così creativa nell’analisi delle emozioni che si agitano nel perimetro della mente, così capace di valorizzare la filigrana invisibile dei sentimenti. Ancora più difficile sostenere l’attesa del suo ritorno.
8. Jane the Virgin (The CW)
In una televisione in cui la qualità è molto spesso caratterizzata da cupezza, seriosità, discorsi sui massimi sistemi e un costante bisogno di legittimazione artistica, Jane The Virgin rappresenta un vero e proprio terremoto concettuale. All’ormai non più così acclamata prestige TV la serie della CW risponde con una televisione di tipo antitetico, che alla cupezza contrappone la brillantezza narrativa, alla tradizionale palette cromatica dark i colori accessi e lucenti, all’assenza di umorismo come simbolo di “serietà” un’ironia sempre tagliente e, invece di sentirsi “importante” ostentando insegnamenti e morali di ogni sorta, lascia gli spettatori liberi di fare le proprie valutazioni.
E in effetti il valore della serie creata da Jennie Snyder Urman è elevatissimo, sia grazie all’idea di partire dalla telenovela e costruirvi sopra un dispositivo narrativo autoriflessivo in cui il narratore è uno dei personaggi più importanti, proprio perché esterno al racconto; sia per la qualità di un intreccio che in quattro stagioni da circa una ventina di episodi è riuscito a infilare violentissimi twist narrativi (come richiede il genere di riferimento) senza mai perdere coerenza nel racconto e nella costruzione dei personaggi. Raccogliendo i frutti del lavoro fatto negli anni precedenti, la quarta stagione di Jane the Virgin ha raggiunto vette di brillantezza inedite, riuscendo anche a sviluppare riflessioni tutt’altro che banali sulla vecchiaia, sul cancro, sul ruolo della creatività, sulla paternità, sulla mascolinità e sulla televisione.
7. The Good Place (NBC)
Alla settima posizione troviamo The Good Place, la serie NBC creata da Michael Schur, che con la sua seconda annata è riuscita non solo a confermare ma addirittura a superare le ottime impressioni dell’esordio. Forte di un concept originale e di un parco personaggi a cui è impossibile non affezionarsi, con l’incredibile plot-twist del finale lo show ha infatti stravolto le carte in tavola, ponendo così le basi per una stagione capace di reinventarsi costantemente, senza per questo perdere di vista il lavoro di approfondimento e crescita portato avanti sui protagonisti (non solo Eleanor e i suoi compagni, ma anche Michael e Janet). Il risultato è una “philosophical fiction” che mischia in maniera impeccabile e originalissima elementi comedy, fantasy e drama, bilanciando la peculiare comicità di Schur (The Office, Parks and Recreation, Brooklyn Nine-Nine) con l’esplorazione di temi come l’etica, la giustizia e il miglioramento di se stessi e dei rapporti con gli altri. Il season finale, esplicitamente debitore di Lost, non ha che confermato l’inesauribile creatività della serie, resettando nuovamente il racconto in vista di una terza stagione che finora non ha deluso le aspettative.
6. The Good Fight (CBS All Access)
Vola in sesta posizione The Good Fight che con la sua seconda stagione supera definitivamente alcune incertezze della prima annata (in trentesima posizione nella classifica del 2017) per raggiungere una propria indipendenza. Non si tratta più di un mero spin-off di The Good Wife, perché la serie CBS All Access ha saputo rinnovarsi senza stravolgere la propria struttura e anzi arricchendola di nuovi stimoli e nuove situazioni. Quante serie sono capaci, come questa, di raccontare il mondo contemporaneo senza né banalizzarlo né ideologizzarlo in modo intollerabile? The Good Fight, grazie soprattutto alla scrittura elegante e precisa dei coniugi King, è sempre in grado di parlare del mondo americano da un punto di vista parziale ma non per questo sbilanciato. A tutto ciò bisogna aggiungere un cast eccezionale, che è in grado di dar vita e spessore ai propri personaggi. In una mitologia simile ma ancor più ricca rispetto a quanto creato dalla serie madre, spicca ovviamente il trio di protagoniste, in particolare Diane Lockhart, interpretata da una monumentale Christine Baranski, l’avvocato che tutti noi vorremmo essere. The Good Fight, insomma, è la serie che porta avanti con orgoglio la bandiera di miglior legal drama in circolazione, superando ampiamente e con merito le barriere del genere per parlare di noi e della nostra società.
5. Better Call Saul (AMC)
Con questa stagione di Better Call Saul abbiamo definitivamente salutato Jimmy McGill. La trasformazione disegnata da Vince Gilligan e Peter Gould giunge al suo zenit con un’altra annata da incorniciare: Saul Goodman è uscito dal bozzolo marcio che da sempre Jimmy si portava dentro, e ora lo possiamo ammirare in tutto il suo malevole splendore.
Lo show ha mantenuto un livello altissimo in tutti i reparti. Regia, scrittura e recitazione sono un mix esplosivo che porta la serie ai livelli (se non addirittura qualcosa più su) di Breaking Bad: la precisione con cui sono tratteggiati i personaggi e i loro intrecci non potevano che portare il prodotto dell’AMC nella nostra Top 5 anche quest’anno. Non possiamo fare altro quindi che aspettare la prossima stagione (sarà l’ultima?) chiedendoci che fine farà la povera Kim e soprattutto quando e se mai entreranno in scena i protagonisti di Breaking Bad, per collegare definitivamente i due show. Nel frattempo ci mettiamo l’anima in pace, perché come dice Jim a un’incredula Kim: ‘s all good, man.
4. Homecoming (Amazon)
Arriviamo ad un passo dal podio con Homecoming, nuovo progetto televisivo di Sam Esmail, creatore, autore e regista di un altro drama di successo, Mr. Robot, una delle serie più sperimentali degli ultimi anni; è proprio il termine sperimentazione che riassume questo nuovo show di Amazon Video, innovativo sotto tre punti di vista differenti. Il primo è la commistione di generi, che ci permette di porre Homecoming sotto diverse categorie di drama: il thriller e il racconto psicologico sulla guerra sono perfettamente fusi, ma allo stesso tempo riconoscibili in modo netto, generando nello spettatore la stessa aria di tensione che vivono i personaggi in scena. Il secondo ambito in cui si è sperimentato concerne la diegesi, spezzata su diverse linee temporali, che come i generi si intrecciano per creare un racconto complesso e stratificato; il presente corre al fianco di un futuro prossimo con cui poi si fonde, creando uno dei picchi qualitativi dello show. Il terzo ambito di sperimentazione riguarda un aspetto che potrebbe sembrare meramente tecnico, ma invece non lo è: parliamo del minutaggio. Con trenta densissimi minuti ad episodio, Esmail ha voluto fare una dichiarazione precisa a favore del racconto che in questo modo, tagliando tutto il superfluo, diventa ricco e asciutto, capace di esaltare non solo la complessità narrativa di Homecoming, ma anche il suo ottimo cast, capitanato da Julia Roberts nel suo più importante ruolo televisivo.
3. Atlanta (FX)
In un’intervista, Donald Glover descrive il suo show come un “Twin Peaks with rappers”. Proprio come il capolavoro di David Lynch, Atlanta, specie in questa seconda stagione, riesce in effetti a far convivere diverse anime, da quella rivolta al cinema indipendente degli anni Ottanta, a quella surrealista sempre più tendente all’onirico e alle sue logiche, a quella che risponde all’urgenza di un esplicito commento sociale su questioni razziali e sulle nuove generazioni. Il tutto è racchiuso nel contesto della scena rap e, più in generale, delle industrie culturali nella città di Atlanta, dove i protagonisti si muovono (e bevono, fumano, giocano con la PlayStation, litigano, si consolano e si interrogano sul senso della vita).
Quella che sembrava essere, nella prima stagione, una delle tante (seppur brillante) declinazioni del formato dramedy/sitcom di impronta autoriale brevettato da Louis C.K. con il suo Louie, ora fa invece sempre più leva sulla collaborazione di Glover con il fratello Stephen e con il regista Hiro Murai e acquista, in questa sua seconda stagione, ancor più solidità e carattere senza nessun timore di calcare ulteriormente le sue venature più sperimentali, esistenzialiste o orrorifiche regalandoci episodi del calibro di “Teddy Perkins” o “Barbershop”. Atlanta Robbin’ Season è sicuramente una delle cose più belle, più importanti e più vive che potete vedere oggi in televisione.
2. The Americans (FX)
L’ultima stagione di The Americans è semplicemente la miglior conclusione di serie mai realizzata, intensa, ricca narrativamente ed esteticamente, assolutamente coerente con ciò che si era costruito e al tempo stesso capace di stupire lo spettatore. Uno show che ha ripagato la fiducia di chi ha continuato a seguirlo (nonostante alcune annate un po’ altalenanti) con un finale epico e crudele che rappresenta la summa di tutti i temi aperti nelle sue stagioni: il dramma familiare mascherato da storia di spionaggio, la crisi identitaria e di coppia dei protagonisti, la dicotomia tra dovere e realizzazione personale e il distacco tra le ideologie e la realtà di ciò che è giusto fare. The Americans era forse l’ultimo vero grande prestige drama di lungo corso in circolazione e ha saputo chiudere il proprio ciclo con una zampata che ne dimostra la freschezza, nonostante gli anni, rispetto a tutti gli epigoni creati con l’algoritmo, di cui questo 2018 è stato affollatissimo. Ci mancherà moltissimo, ma non avremmo potuto immaginare modo migliore per chiudere questa avventura.
1. BoJack Horseman (Netflix)
Cinque stagioni alle spalle e BoJack Horseman rimane in cima alle classifiche, al centro delle conversazioni, esempio per eccellenza di come distruggere regole televisive mantenendo quella struttura “vecchio stile” con un protagonista ben definito e un arco narrativo pluristagionale. Nonostante la valanga di nuove proposte che affollano l’offerta Netflix, la serie di Raphael Bob-Waksberg rimane l’esperimento più riuscito, capace di sviluppare una comicità sempre più stratificata al fianco del racconto della depressione più coerente e straziante degli ultimi anni. Ed ecco che in questa annata si passa dall’incursione nella stand-up comedy di “Free Churro” alla satira hollywoodiana di “BoJack the Feminist”, passando per i bellissimi racconti di “The Dog Days Are Over” (Diane in Vietnam) a “The Amelia Earhart Story” (che si concentra invece sul passato di Princess Carolyn). È una sorpresa assistere ad una stagione del genere? Assolutamente no. Non è la prima volta che BoJack Horseman si avventura in territori inesplorati, sperimentando con generi e tecniche narrative e mantenendo l’equilibrio perfetto tra il formato episodico e l’importanza dell’arco stagionale (e non solo). Ma forse è proprio per questo che la troviamo di nuovo in prima posizione. Perché di fatto è l’incredibile costanza qualitativa dello show che gli permette di crescere sempre di più, di toccare sfumature così scure senza che il pubblico ne venga scandalizzato – tanto ormai ci siamo abituati. E senza che ce ne accorgessimo, quei personaggi disegnati su uno schermo sono diventati i più umani che la televisione abbia prodotto in tempi recenti.
Top 10 individuali:
Attilio Palmieri: 1) Jane the Virgin 2) The Good Fight 3) Atlanta 4) One Day at a Time 5) The Americans 6) The Good Place 7) Riverdale 8) L’Amica Geniale 9) Brooklyn Nine-Nine 10) Killing Eve
Davide Canti: 1) Homecoming 2) Dear White People 3) One Day at a Time 4) Chilling Adventures of Sabrina 5) Black Mirror 6) American Crime Story 7) Will & Grace
Davide Cinfrignini: 1) Atlanta 2) Kidding 3) Homecoming 4) The Marvelous Mrs. Maisel 5) Queer Eye 6) American Crime Story 7) American Vandal 8) Wild Wild Country 9) BoJack Horseman 10) Big Mouth
Davide Dibello: 1) Patriot 2) BoJack Horseman 3) Trust 4) American Vandal 5) Atlanta 6) Corporate 7) Barry 8) Brooklyn Nine-Nine 9) Lodge 49 10) Killing Eve
Davide Tuccella: 1) American Vandal 2) Kidding 3) Atlanta 4) Trust 5) The Good Place 6) The Marvelous Mrs. Maisel 7) Patriot 8) American Crime Story 9) Better Call Saul 10) BoJack Horseman
Denise Ursita: 1) Better Call Saul 2) Kidding 3) L’Amica Geniale 4) Inside No. 9 5) BoJack Horseman 6) Homecoming 7) The Handmaid’s Tale 8) American Crime Story 9) Chilling Adventures of Sabrina 10) The Haunting of Hill House
Diego Scerrati: 1) The Americans 2) GLOW 3) Castle Rock 4) The Good Place 5) Homecoming 6) American Vandal 7) The Haunting of Hill House 8) Westworld 9) The Deuce 10) The Handmaid’s Tale
Eugenia Fattori: 1) The Americans 2) The Good Fight 3) The Marvelous Mrs. Maisel 4) Queer Eye 5) Doctor Who 6) Jane the Virgin 7) Atlanta 8) One Day at a Time 9) Killing Eve 10) Lodge 49
Federica Barbera: 1) The Americans 2) The Good Fight 3) Jane the Virgin 4) Kidding 5) Sorry for your Loss 6) The Deuce 7) The Marvelous Mrs. Maisel 8) Pose 9) Patriot 10) One Day at a Time
Francesca Anelli: 1) American Vandal 2) Corporate 3) Patriot 4) The Good Place 5) Jane the Virgin 6) Homecoming 7) Kidding 8) The Bisexual 9) Killing Eve 10) The Americans
Francesca Gennuso: 1) The Americans 2) The Good Fight 3) Trust 4) Better Call Saul 5) The Deuce 6) Homecoming 7) This Is Us 8) The Handmaid’s Tale 9) BoJack Horseman 10) The Kominsky Method
Francesco Cacciatore: 1) American Crime Story 2) Barry 3) Killing Eve 4) Kidding 5) Better Call Saul 6) Wild Wild Country 7) Homecoming 8) GLOW 9) Big Mouth 10) The Marvelous Mrs. Maisel
Irene De Togni: 1) Atlanta 2) Killing Eve 3) Jane the Virgin 4) BoJack Horseman 5) Better Call Saul 6) Barry 7) American Crime Story 8) American Vandal 9) Homecoming 10) Camping
Ivan Pavlović: 1) Heimebane 2) Better Call Saul 3) Star Wars Rebels 4) GLOW 5) Brooklyn Nine-Nine 6) Maniac 7) Dear White People 8) BoJack Horseman 9) Patriot 10) Deutschland 86
Jacopo Spaziani: 1) BoJack Horseman 2) Better Call Saul 3) Brooklyn Nine-Nine 4) Mrs. Wilson 5) The Staircase 6) The Good Place 7) American Vandal 8) Black Mirror 9) The Haunting of Hill House 10) Narcos: Mexico
Leonardo Strano: 1) The Marvelous Mrs. Maisel 2) The Good Place 3) BoJack Horseman 4) Patriot 5) Killing Eve 6) Big Mouth 7) Atlanta 8) Kidding 9) GLOW 10) Forever
Mario Sassi: 1) The Good Fight 2) BoJack Horseman 3) American Crime Story 4) One Day at a Time 5) The Handmaid’s Tale 6) Wild Wild Country 7) Westworld 8) Dear White People 9) Black Mirror 10) Castle Rock
Massimiliano Barberio: 1) Daredevil 2) Star Wars Rebels 3) Kidding 4) Chilling Adventures of Sabrina 5) BoJack Horseman 6) L’Amica Geniale 7) Disenchantment 8) Killing Eve 9) GLOW 10) Bodyguard
Pietro Franchi: 1) The Americans 2) Atlanta 3) Barry 4) American Vandal 5) Better Call Saul 6) The Good Place 7) BoJack Horseman 8) Love 9) Killing Eve 10) Big Mouth
Sara De Santis: 1) BoJack Horseman 2) Barry 3) Atlanta 4) Kidding 5) GLOW 6) Homecoming 7) Queer Eye 8) Patriot 9) One Day at a Time 10) The Kominsky Method
Simona Maniello: 1) BoJack Horseman 2) Patriot 3) The Good Place 4) Homecoming 5) Jane the Virgin 6) GLOW 7) Lodge 49 8) Chilling Adventures of Sabrina 9) American Vandal 10) One Day at a Time
Ste Porta: 1) Better Call Saul 2) Sharp Objects 3) Il Miracolo 4) The Staircase 5) Kidding 6) L’Amica Geniale 7) The Haunting of Hill House 8) Daredevil 9) Homecoming 10) Castle Rock
Visto che siamo in sintonia sul podio (con la terza e la prima invertite), nomino la serie che più di tante altre mi ha deluso nel 2018: and the winner is… Westworld!
Sono contentissimo per la presenza di Jane The Virgin che supporto dalla prima stagione. Al primo posto avrei messo The Americans per la grandiosa traiettoria che ha saputo disegnare. Better Call Saul procede alla grande e si merita tutti gli apprezzamenti, ma ‘qualcosa più su di Breaking Bad’ siamo ai limiti della blasfemia. Grazie comunque e tantissimo per il lavoro di qualitá che svolgete tutto l’anno.
@Boba Fett: personalmente Westworld l’ho trovato un po’ troppo contorto e con diverse cadute, ma se devo parlare di vera, vera delusione per me porta il nome di Legion! Non so ancora come ho fatto a finire la stagione, e considerato quanto mi era piaciuta la prima è stato un vero peccato!
@Genio: innanzitutto grazie!!! Come redazione siamo sempre contenti di sapere che il nostro lavoro è apprezzato 🙂
A livello personale, come puoi vedere nelle individuali per me The Americans è prima senza alcun dubbio, una stagione semplicemente eccezionale che ha chiuso una serie storica. Jane l’ho recuperato tutto quest’anno e l’ho visto DUE VOLTE, quindi condivido assolutamente la sua presenza in Top 10 (per me addirittura sul podio)
Per BCS, ti dirò che la capacità della serie non solo di staccarsi dalla sua origine ma di diventare di questo livello fa più volte pensare anche a me che raggiunga livelli persino più alti di Breaking Bad; poi c’è da dire che sono anche tempi diversi, le narrazioni cambiano quindi è normale che possa anche piacere di più rispetto persino a un mostro sacro come BrBad.
Questa stagione per me ha avuto qualche piccolo difetto, ma in linea generale è fantastica e la parabola di Jimmy riesce a stupire sempre nonostante se ne conosca perfettamente la conclusione.
Guarda, me lo sentivo; ho amato Legion 1 che resta di gran lunga migliore del suo recente clone Maniac, ma non ho visto la seconda stagione per il timore di una delusione!
Aggiungo anche che ai tempi di Breaking Bad venivano prodotte molte meno serie e soprattutto quelle di alto livello erano poche e non c’era questa varietà. Oggi le novità sono sempre di più, l’attenzione è sempre rivolta al futuro e al nuovo, tanto che molte serie che fanno il botto al promo anno poi crollano (così come l’attenzione su di loro) al secondo, come capitato a Westworld, Legion e The Handmaid’s Tale.
Better Call Saul ha avuto il grandissimo merito non solo di realizzare un racconto stratificato e complesso almeno quanto quello di Breaking Bad, ma anche di sopravvivere in un contesto molto più competitivo e continuare a essere tra le cose migliori in circolazione anno dopo anno.
Nel mondo della musica il secondo lavoro di un artista è sempre il più difficile, soprattutto dopo un successo, una regola che si applica bene anche alle serie. Quest’anno avremo modo di capire se la “crisi” della seconda stagione sarà superata ad esempio da Stranger Things e, subito dalla prossima settimana, da True Detective.
Breaking Bad per me è la serie più bella di sempre (Twin Peaks è lí ma quella quindicina di puntate della seconda stagione fuori dal controllo di Lynch ne abbassano il livello generale) quindi da quell’orecchio proprio non ci sento 🙂
Quanto a Legion mi rendo conto del fatto che è una battaglia persa: a me questa seconda stagione ê piaciuta, un po’ diluita, vero, ma ha comunque regalato momenti visivamente molto forti.
Ciao…anche a me la season 2 di Legion è piaciuta moltissimo
E due)))
Visto poco di questa top-ten, ma come ho già scritto altrove quando mi permettevo di consigliarla, continua a pesare come un macigno l’assenza di “Press”! Possibile che nessuno di voi recensori/selezionatori l’abbia visto?
Ciao! Io personalmente me la sono proprio persa! Purtroppo vedere tutto è impossibile… com’è? Dicci di più (ovviamente senza spoiler)!
Ciao,
miniserie inglese trasmessa dalla BBC in 6 puntate sulla rivalità-concorrenza fra due giornali fittizi, ma in realtà riconoscibilissimi, Post (The Sun) e Herald (The Guardian), che si danno battaglia sulle notizie di prima pagina e hanno due linee editoriali molto diverse fra loro. Una riflessione, sobria ma irriverente, cinica ma non fredda, di cosa vuol dire fare i giornalisti oggi, tra inserzioni pubblicitarie, editori, influencer ecc. con cui aver a che fare. Press provoca un tuffo al cuore all’ottimismo donchisciottesco di The Newsroom, la serie HBO di Aaron Sorkin, ma allo stesso tempo offre uno sguardo tutto british e meno naif della lotta continua che anche chi vi sta scrivendo affronta ogni giorno per cercare di distinguersi e, soprattutto, per scrivere qualcosa di utile per noi che leggiamo.
Ciao! Prima di tutto, un piccolo appunto da perfezionista: mi sembra errato parlare di Season finale per The good place, visto che mancano ancora 3 episodi alla fine…
Ora devo prendermi un po’ di tempo per pensare alla mia top ten della stagione, ma sono d’accordo con quello che dicono molti nei commenti: un’annata caratterizzata da delle Season 2 inferiori alle attese (Legion, THMT, Stranger Things, 3%, per ora Counterpart che si è rialzata solo all’ultimo episodio… non metterei tra queste Westworld invece, che non mi ha affatto deluso).
Ciao Terst, in realtà quanto scritto su The Good Place è corretto: nelle nostre classifiche di fine anno, infatti, rientrano solo le stagioni che si sono concluse in quell’anno! Quindi in questa classifica parliamo solo della seconda stagione di The Good Place, come puoi leggere all’inizio del paragrafo, non della terza (che come dici giustamente non si è ancora conclusa e su cui quindi non si può esprimere un giudizio completo). La terza stagione verrà quindi valutata con le classifiche del 2019 🙂
Grazie mille per questa classifica!
Mi fido molto delle vostre recensioni e avere un riassunto delle vostre impressioni sulle serie in onda è veramente apprezzabile.
Mi avete convinto definitivamente a recuperare alcune serie della Top 10 che ancora non ho avuto modo di vedere. O meglio che non ho avuto il coraggio di cominciare per paura di diventarne addicted.. su tutte BoJack, Atlanta e il nuovo Homecoming.
Tra le altre sono incuriosito da Patriot, peccato che l’ultima volta che ho controllato le giornate sono ancora di 24h..sigh
Grazie a te per la fiducia! Quelle da te citate sono tutte validissime (o non sarebbero qui eheh) e posso dirti che, a parte BoJack che è più lunga, tutte le altre sono di rapidissimo recupero. Per questo recuperone puoi partire dalla più breve, Homecoming! È davvero bellissima e ti volerà sotto gli occhi ?
Sono partito proprio da quella, i primi 3 episodi sono volati effettivamente! 🙂
Vedrai andando avanti…! Davvero un piccolo capolavoro